Un rito le fogheracce romagnole, molto amato: la sua origine cela un significato davvero profondo.
Quando si pensa alla Romagna, il mare è la prima visione nell’immaginario collettivo. Stabilimenti balneari affollati, piadine e divertimento. Numerosissimi hotel che costeggiano il lungomare, le passeggiate al chiaro di luna. In una sola parola, vacanze.

Rimini è la città per antonomasia, tuttavia è anche altro. Cultura, tradizioni e storia. Un aspetto lasciato in disparte ma di assoluto valore. Naturalmente non è da sottovalutare la componente paesaggistica, ideale per gli amanti della natura.
Ebbene, a proposito di usanze e costumi tipici del luogo – elementi fondamentali perché si comprenda appieno un popolo – impossibile non citare le fogheracce romagnole. Un nome bizzarro, apparentemente, che nasconde origini antichissime.
Fogheracce romagnole, cosa sono e da dove arrivano
Adesso non è stagione ma, tra qualche mese, lo sarà. Le fogheracce romagnole si possono trovare orientativamente verso il mese di marzo. Chi è nativo della zona conosce perfettamente la storia e anzi, forse, pratica. Un modo per liberarsi lasciando spazio al nuovo.

Sono dei falò che si accendono durante il passaggio tra l’inverno e la primavera. Un gesto che simboleggia la voglia di rinascere, proprio come la natura. Si brucia legno, principalmente, ma anche bigliettini e fogli di carta sui quali le persone riversano i loro desideri – soprattutto su cosa intendano liberarsi.
Lasciare andare il male per accogliere ciò che di buono arriverà. Un rito purificante di origine pagana, che affonda le sue radici nella cultura celtica e negli antichi romani – così afferma l’esperto saggista Gianfranco Gori. La tradizione delle fogheracce ha attecchito in Romagna, maggiormente, grazie ai contadini.
Difatti, all’epoca, lo Stato Pontificio fu intenzionato a reprimere questa festa dallo spirito catartico tuttavia furono proprio i braccianti romagnoli a resistere e portare avanti tale tradizione. Non a caso, il legame con il mondo rurale è evidente: “Sono un residuo della cultura pagana che praticava il culto di Marte“.
Dio della guerra, del tuono, della pioggia e della fertilità, i contadini impiegavano gli scarti della potatura degli alberi per accendere la fiamma di buon auspicio. Altre fonti ritengono che le fogheracce siano da ricollegarsi al culto di Diana, Dea della caccia, delle donne e della fertilità – non solo agricola, anche riproduttiva.
Come anzidetto, però, non sempre fu un rito accolto con benevolenza perché si tentò di sbarazzarsi dei residui pagani vietando addirittura di celebrare la primavera in tal guisa ma senza successo. Gli abili agricoltori ebbero la meglio, conservando questa preziosa tradizione tramandata fino ad oggi nella sua integrità.