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Certificati medici a pagamento: quando la richiesta di soldi è un reato

I certificati medici a pagamento non sono sempre leciti, una sentenza della Cassazione aiuta a capire quando si verifica il reato di istigazione alla corruzione.

Chiedere soldi per un certificato medico che dovrebbe essere erogato gratuitamente comporta un reato non solo una condotta scorretta. Nello specifico la Legge riconoscere il delitto di istigazione alla corruzione al verificarsi di alcune circostanze.

Certificati medici a pagamento: quando la richiesta di soldi è un reato (Emiliaromagna.com)

I medici possono erogare diversi tipi di certificati in base alle esigenze del paziente. I certificati medici per malattia sono quelli più comuni e noti così come i certificati attestanti determinati requisiti psicofisici per rendere idonei allo svolgimento di una determinata attività. Importantissimi anche i certificati di idoneità alla guida e quelli per l’idoneità psico-fisica al porto di fucile da cassa o al porto d’armi per uso difesa personale o lavoro.

Serve, poi, la certificazione per il conseguimento della patente nautica, per l’esenzione dall’obbligo di cinture di sicurezza, per il contrassegno invalidi. Insomma, tantissime tipologie di certificati. Alcuni sono a pagamento, altri gratuiti e il medico deve seguire la direttiva normativa. Non può far pagare un certificato che va rilasciato in modo gratuito altrimenti rischia una condanna. 

Istigazione alla corruzione, guai per il medico che chiede i soldi per un certificato

La Corte d’Appello di Milano ha condannato un medico di base che ha chiesto denaro per certificati di astensione dal lavoro. Questi devono essere rilasciati gratuitamente invece il dottore in questione per due volte ha preteso un compenso per firmare i documenti da consegnare al datore di lavoro. Parliamo di una prestazione compresa nel servizio pubblico e che, quindi, non va pagata.

Istigazione alla corruzione, guai per il medico che chiede i soldi per un certificato (Emiliaromagna.it)

Il medico ha fatto ricorso dopo la prima condanna in sede d’appello affermando che le richieste erano state avanzate in tono scherzoso, che l’importo richiesto era basso e non ripetuto e che nessun paziente si era mai lamentato. Inoltre si è appellato al fatto che vari testimoni avevano minimizzato l’accaduto e la gravità della condotta. Non ultimo l’avvocato del dottore ha chiamato in causa l’articolo 131 bis del Codice Penale che riguarda l’esclusione dalla punibilità per particolare tenuità del fatto essendo stato il danno minimo e le condotte negligenti sporadiche.

La Corte di Cassazione non ha ritenuto questi elementi soddisfacenti per accettare il ricorso. Il comportamento rientra nel reato di istigazione alla corruzione indipendentemente dal tono usato o dall’importo richiesto. La sola richiesta di soldi ha prodotto un illecito e non conta la reiterazione del comportamento. Anche un singolo evento è tacciabile come reato. I doveri di correttezza e imparzialità sono stati violati e l’articolo 131 bis non può essere applicato. Da qui la conferma dell’accusa per il medico e il rigetto del ricorso.

Valentina Trogu

Giornalista pubblicista, Web content writer, scrittrice e mediatrice familiare. Laureata in sociologia-analisi delle politiche sociali. Mi occupo della stesura di articoli toccando varie tematiche tra cui economia, salute, tecnologia, attualità. In questo modo posso coltivare la mia passione per la scrittura e cercare di rendere fruibili le informazioni ad un maggior numero di persone.

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