Si può licenziare un lavoratore durante il congedo parentale? In alcuni casi è possibile, e a stabilirlo è la Cassazione.
Il 2025 segna una svolta importante per il congedo parentale: se dapprima erano solo due i mesi retribuiti all’80%, oggi è possibile usufruire di un’altra mensilità con la stessa percentuale, entro i 6 anni del bambino. Questo tempo può essere suddiviso tra padre e madre, oppure fruito da un solo genitore.

Una vittoria, questa, che ci ricorda quanto sia importante la cura dei figli anche per chi lavora. Eppure, non tutto è oro ciò che luccica. Il datore di lavoro potrebbe non accettare questa assenza, seppur pagata sostanzialmente dall’INPS.
E da qui possono nascere squilibri (indubbiamente ingiusti), che possono portare a situazioni più scomode, come quella di un controllo. Qualora qualcosa non tornasse durante il periodo di congedo, il datore di lavoro ha il diritto di licenziare il dipendente. Questo è ciò che è successo a Mario, un padre come tanti che ha chiesto il congedo straordinario, ma che si è ritrovato da un giorno all’altro senza lavoro.
Se usi il congedo per lavorare, il licenziamento è legittimo
Partiamo da una premessa doverosa: di base, un lavoratore in congedo parentale non può essere licenziato. Per legge, non può farlo né per il fatto di averlo richiesto, né durante il periodo di fruizione. È eticamente e legalmente scorretto. Ma come ogni tutela, ha dei limiti. E uno di questi scatta quando il congedo viene usato per scopi diversi da quelli per cui è stato previsto.

Mario non era in vacanza. Né in viaggio. Né tanto meno a zonzo per il gusto di prendersi una pausa. Aveva chiesto il congedo parentale per stare con suo figlio, e così risultava anche sui documenti. Peccato che, durante uno dei periodi in cui avrebbe dovuto occuparsi della cura del bambino, sia stato sorpreso a svolgere un secondo lavoro, del tutto incompatibile con la funzione del congedo.
Una decisione che trova pieno fondamento giuridico. Lo ha stabilito anche la Corte di Cassazione con la sentenza n. 509/2018, chiarendo che si configura un abuso del diritto quando il lavoratore impiega il tempo del congedo parentale per dedicarsi ad attività che non siano in diretta relazione con la cura del minore. E poco importa se si tratta di un’attività lavorativa volta a sostenere la famiglia: lo scopo del congedo resta la cura, non l’ottimizzazione economica.
Nel caso di Mario, l’assenza non era ingiustificata, ma l’uso scorretto di quel tempo sì. E questo, secondo la giurisprudenza, può bastare per perdere il lavoro.